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Studio Plura - Ho ricevuto un pignoramento dello stipendio o della pensione: esiste un minimo non pignorabile?

Società, crisi e insolvenza, Lavoro, Contratti e recupero crediti

02 ottobre 2024

Ho ricevuto un pignoramento dello stipendio o della pensione: esiste un minimo non pignorabile?

Il pignoramento è una procedura esecutiva diretta a recuperare un credito.
Il pignoramento dello stipendio o della pensione rientrano nella fattispecie del c.d. pignoramento presso terzi, ovvero quel procedimento avviato dal creditore nei confronti di un proprio debitore, volto a colpire i beni di quest’ultimo (in questo caso, lo stipendio o la pensione) che sono nella disponibilità di terzi soggetti (ovvero, per esempio, il datore di lavoro, l’ente previdenziale, la banca o l’ufficio postale).
Tuttavia, è bene tenere a mente che vi sono dei limiti da rispettare, proprio per garantire alla persona che subisce l’esecuzione (il debitore) di avere comunque a disposizione una somma definita “minimo vitale”, che sarà, quindi, impignorabile.
La parte eccedente il minimo vitale, invece, potrà essere aggredita dai creditori pignoranti.

Ma quali sono, di preciso, questi limiti?
Il codice di procedura civile (art. 545) prevede che, in via generale, lo stipendio del lavoratore possa essere pignorato nella misura di un quinto. Quindi, gli ulteriori quattro quinti dello stipendio rimarranno nella disponibilità del lavoratore (salvo casi particolari, come si spiegherà più avanti).
In pratica, se un lavoratore percepisce uno stipendio netto pari a € 1.000,00, potrà essere pignorata solo la somma di € 200,00 e i restanti € 800,00 rimarranno nella disponibilità del lavoratore esecutato.
Per quanto riguarda, invece, la pensione, lo stesso articolo 545 del codice di procedura civile stabilisce che, sempre in via generale e salvo eccezioni, l’importo massimo pignorabile è il quinto che, però, non va calcolato sull’intera pensione netta, bensì sulla somma corrispondente alla parte eccedente il doppio della misura massima mensile dell’assegno sociale. Questa disposizione è stata modificata dal legislatore, con D.L. 09.08.2022 n. 115 (convertito nella L. 21.09.2022 n. 142), che ha aumentato l’importo da sottrarre al calcolo del quinto pignorabile: infatti, dall’assegno sociale aumentato della metà, ora si è passati al doppio dell’assegno sociale.
Ma a quanto ammonta l’assegno sociale?
L’importo è variabile, in quanto viene calcolato ogni anno dall’INPS. Per quest’anno (2024), l’INPS, con circolare n. 1 del 02 gennaio 2024, ha fissato l’importo in € 534,41 per 13 mensilità.
Quindi, poniamo l’esempio di un soggetto che percepisce una pensione netta di € 1.200,00: in tal caso, a tale importo andrà sottratto il doppio dell’assegno sociale, cioè € 1.200,00 - € 1.068,41 = 131,18. Questa è la somma eccedente il minimo vitale, ed è pignorabile nella misura di un quinto: l’importo massimo pignorabile sarà dunque pari ad € 26,23 ovvero la quinta parte di € 131,18.
Come appena spiegato, l’importo dell’assegno sociale varia ogni anno: può, quindi, aumentare o diminuire. Il legislatore (sempre con D.L. 09.08.2022 n. 115), allo scopo di garantire una maggiore tutela alla persona che subisce il pignoramento, ha introdotto un’ulteriore modifica all’art. 545 del codice di procedura civile, stabilendo che, in ogni caso, l’importo minimo da sottrarre al calcolo del quinto non dovrà mai essere inferiore ad € 1.000,00.
Ciò significa che, a prescindere dall’importo dell’assegno sociale, in ogni caso, se una persona percepisce una pensione netta pari o inferiore ad € 1.000,00, tale importo non potrà essere pignorato.
Vi sono, però, dei casi particolari in cui suddetti limiti possono essere superati: ovvero quando una persona subisce più pignoramenti simultanei, per motivi diversi (per esempio, è debitore nei confronti di una banca per mancata restituzione di somme mutuate e, contemporaneamente, è debitore nei confronti dello Stato per mancato versamento di tributi). Ebbene, in questo caso, il pignoramento complessivo può superare i limiti del quinto, ma non potrà mai estendersi oltre la metà dell’ammontare della somma.
Nella maggior parte dei casi, lo stipendio e la pensione vengono accreditati sul conto corrente intestato al debitore e spesso accade che quest’ultimo, invece di subire il pignoramento alla fonte (quindi, direttamente all’ente di previdenza o al datore di lavoro) subisca il pignoramento del conto corrente.
Nel caso di pignoramento del conto corrente, nel quale confluiscano le somme dovute a titolo di stipendio o pensione, il codice di procedura civile prevede diversi limiti, che variano a seconda del momento in cui viene notificato il pignoramento.
Infatti, qualora lo stipendio o la pensione vengano accreditate in un momento antecedente alla data del pignoramento, allora potranno essere pignorate tutte le somme presenti in conto, che eccedano il triplo dell’assegno sociale. Quindi, considerato che per l’anno 2024 l’assegno sociale è pari ad € 534,41 mensili, il limite di importo che non può essere aggredito con il pignoramento è pari ad € 1.603,23 (ovvero, € 534,41 X 3).
Se però lo stipendio o la pensione sono accreditati alla data del pignoramento o, addirittura, in data successiva, allora si osserveranno i limiti sopra indicati (ovvero il quinto dello stipendio o, nel caso di pensione, il quinto della parte eccedente il doppio dell’assegno sociale).